ORIENTAMENTI PER IL TRIENNIO 2017-2020
«Vi precede in Galilea»
Custodire – Generare – Abitare
PREMESSA Gli orientamenti triennali, insieme al documento assembleare approvato nella XVI Assemblea, rappresentano lo strumento che traccia l’AC di questo triennio, evidenziandone le attenzioni particolari che essa vuole avere in questo tempo, perché possa realizzarsi il grande progetto di Chiesa in uscita auspicato da Papa Francesco. Questo documento racchiude i temi e le linee giuda per ciascun anno del triennio 2017-2020, con il sostanziale riferimento alle tre icone bibliche che accompagneranno ragazzi, giovani e adulti nella loro formazione associativa.
“Vi precede in Galilea (Mc 16, 1-8)” – L’Icona biblica del triennio Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto» (Mc 16,7) è il messaggio che le donne del mattino di Pasqua devono portare ai discepoli, ancora dispersi e impauriti. L’appuntamento con il Risorto non è a Gerusalemme, ma è là dove tutto era iniziato! Tornare là, tornare al luogo della prima chiamata. Sulla riva di quel lago dove, affascinati dal suo invito, avevano lasciato case, lavoro, amici e lo avevano seguito (cfr Mt 4,18-22). Ritornare in Galilea significava riavvolgere il filo dei tre anni vissuti e rileggere tutto, senza paura, a partire dalla croce e dalla risurrezione: tutto – la predicazione, i miracoli, gli entusiasmi e le defezioni, fino al tradimento – avrebbe acquistato un significato diverso; i loro occhi si sarebbero aperti e la fiducia in un messia terreno si sarebbe trasformata nella fede in un Messia risorto. Come per gli apostoli, anche per ognuno di noi c’è una “Galilea” all’origine del cammino con Gesù. Andare in Galilea non significa certo, “andare fisicamente” in questa regione; significa, invece, riscoprire il Battesimo come sorgente viva, attingere energia nuova alla radice della fede e della esperienza cristiana, significa “vivere il suo messaggio”. Così come … e là lo vedrete non indica una vista fisica, bensì una profonda esperienza interiore: non si può credere che Gesù è risorto finché non lo si sperimenta nella propria esistenza. Quando si accoglie interiormente il messaggio di Gesù e lo si traduce in comportamenti d’amore e di servizio, si sperimenta dentro di sé una potenza crescente, un’energia vitale che ci fa sentire con certezza che il Cristo è vivo, perché noi siamo vivi. Quando innalziamo la soglia del nostro amore, mettendo la nostra vita in sintonia con quella di Dio, la nostra e la Sua vita si legano: da quel momento non ci sono più dubbi, non si crede in un avvenimento, si sperimenta la Sua presenza! E la vita cambia completamente. Tornare in Galilea significa, allora, riscoprire l’esperienza dell’incontro personale con Gesù Cristo: «la memoria di quel momento in cui i suoi occhi si sono incrociati con i nostri, il momento in cui ci ha chiamati a seguirlo, invitandoci alla missione» (Papa Francesco). I nostri occhi si sono aperti e quegli occhi “aperti” consentono di vederlo là dove Egli è già presente. Non portiamo agli altri quello che loro non hanno, ma li raggiungiamo sulla loro strada per scoprire con loro le tracce del Risorto che è già presente: la fede è un cammino di riconoscimento di ciò che è già stato donato segretamente. Tutta l’arte dell’evangelizzatore consiste allora nel favorire il riconoscimento, nel discernere e segnalare la presenza del Regno di Dio nelle persone e nelle situazioni, anche là dove proprio non ce lo aspetteremmo. Non siamo, dunque, chiamati ad andare verso gli altri per guadagnarli alla nostra causa, per portare loro quello che non hanno, ma per riconoscere con loro, dentro le storie della loro vita, la presenza del Risorto, così da rimanerne noi stessi sorpresi.
Dopo la XVI Assemblea
“L’Azione Cattolica ha avuto tradizionalmente quattro pilastri o zampe: la Preghiera, la Formazione, il Sacrificio e l’Apostolato. A seconda del momento della sua storia ha poggiato prima una zampa e poi le altre. Così, in un certo momento, a essere più forte è stata la preghiera o la formazione dottrinale. Date le caratteristiche del momento, l’apostolato deve essere il tratto distintivo ed è la zampa che si poggia per prima. E questo non va a detrimento delle altre realtà, ma, proprio al contrario, è ciò che le provoca. L’apostolato missionario ha bisogno di preghiera, formazione e sacrificio. Ciò appare chiaramente ad Aparecida e nella Evangelii gaudium. C’è un dinamismo integratore nella missione.” (Papa Francesco ai partecipanti al II Congresso del FIAC, 27 aprile 2017). In questo orizzonte, desideriamo continuare a camminare con coraggio e nella fedeltà, con speranza e nella gratitudine per il dono che questa Associazione è stata ed è per tantissimi bambini e ragazzi, giovani e adulti, ma anche per la Chiesa tutta e il nostro Paese. Se, quindi, l’Evangelii gaudium è la cornice su cui poggiare il cammino della nostra associazione, la nostra magna charta, quattro sono i lati che la compongono, a cui si aggiunge l’attenzione al centocinquantesimo anniversario dalla nascita dell’AC.
1. Laici associati radicati nella Chiesa locale La scelta del radicamento nella Chiesa locale, nei cambiamenti che attraversano il contesto ecclesiale, non è qualcosa di scontato né di superato per l’AC. Crediamo che ancora oggi la parrocchia possa essere luogo di evangelizzazione se saremo capaci di renderla uno spazio di incontro con la quotidianità della gente, una realtà che si lascia interpellare dal territorio che abita. Essere radicati nella Chiesa locale ci consegna l’impegno per l’esercizio della comunione, tra laici e presbiteri, tra i diversi livelli della vita ecclesiale, tra diverse vocazioni e ministeri. Questo esercizio di comunione ci spinge a maturare come Chiesa sinodale, popolo di Dio capace di generare faticosi ma autentici processi di discernimento. In questo cammino, essere laici associati ha un valore aggiunto di relazioni, legami ed esperienze da mettere al servizio di tutta la comunità ecclesiale.
2. Laici capaci di discernimento Vogliamo essere uomini e donne del sempre, e del per sempre. Abbiamo scelto di essere discepoli che ogni giorno, pur con le loro fragilità, si riconoscono innanzitutto amati e scelti a vivere in compagnia del Signore Gesù e dei fratelli. Siamo laici di Azione Cattolica che sperimentano la bellezza del discernimento come la strada per imparare, da una lettura attenta, meditata, orante dei segni dei tempi, a comprendere e vivere la volontà di Dio per la nostra esistenza, per quella dei nostri fratelli. In questo, siamo chiamati a individuare delle priorità che possano rendere i processi possibili e realizzabili. Un autentico discernimento è, infatti, capace di generare scelte personali e comunitarie concrete.
3. Discepoli-missionari L’Azione Cattolica desidera oggi ancor di più essere per tutti i suoi soci esperienza di discepoli-missionari, persone consapevoli che la gioia della sequela del Signore va condivisa, raccontando le meraviglie che solo Lui può operare nelle nostre storie. Siamo convinti, perché ne facciamo esperienza, che la missione nasce solo da un cuore convertito e che si pone in ascolto vero del Signore della vita. Desideriamo innanzitutto vivere la nostra missione nel riconfermare la scelta educativa di essere accanto ad ogni uomo e donna per sostenerlo nel cammino e accompagnarne i passi, stando in mezzo alla gente, dando il nostro contributo nel mondo sociale, politico ed economico, come laici che incarnano il Vangelo nel mondo. A questo compito, ci richiama anche ed in particolare il prossimo Sinodo “Giovani, fede e discernimento vocazionale” al quale vogliamo contribuire in particolare sostenendo il protagonismo dei giovani nella sua preparazione e ricezione.
4. Laici capaci di vivere una vita spirituale radicata dentro il mondo Per essere laici discepoli-missionari, è necessario tenere alta la misura della vita spirituale, ricercando nuove forme e strumenti per alimentare una spiritualità che non si confonda con “alcuni momenti religiosi che offrono un certo sollievo”(EG 79), ma diventi passione per gli altri e impegno nel mondo. Vogliamo essere un’AC con il desiderio di incontrare tutti per camminare con tutti, senza porre ostacoli; un’Azione Cattolica capace di maturare uno stile di comunicazione che nasce da autentiche relazioni interpersonali. È nella nostra vocazione di laici che troviamo la forza ed il coraggio per vivere la nostra fede con la gente lì dove sta, facendo dell’accoglienza e del dialogo lo stile con cui ci facciamo prossimi gli uni con gli altri, condividendo la vita, costruendo ponti.
5. Una storia lunga più di 150 anni L’AC celebra il 150° dalla sua fondazione: un sogno nato dal cuore di due giovani, Mario Fani e Giovanni Acquaderni, che è diventato progetto e vocazione, scelta e servizio. La ricchezza e la bellezza della nostra associazione sta nell’aver scommesso nella possibilità di vivere l’incontro con il Signore insieme, piccoli e grandi, adulti e giovani, laici e pastori, indipendentemente dalla posizione sociale ricoperta, o dal lavoro che ciascuno svolge. La popolarità è la scelta di essere associazione di popolo e non di élite e ci impegna ad essere coraggiosi nel parlare i linguaggi della vita quotidiana per una proposta a misura di tutti. L’Azione Cattolica oggi desidera continuare a vivere l’esperienza di un popolo che cammina accompagnando, e che accompagnando ci aiuta a diventare grandi nella vita.
Il cammino triennale
Il cammino del triennio, in questo quadro, sarà quindi guidato dai seguenti tre verbi: custodire, generare e abitare. Sono verbi che richiamano la logica dell’Incarnazione e segnano le tappe di un itinerario in uscita costante verso il cuore dell’uomo, un itinerario di autentica popolarità in grado di accompagnare l’associazione a raccogliere quella “sfida alla maternità ecclesiale” a cui è chiamata, “per ricevere tutti e accompagnarli nel cammino della vita con le croci che portano sulle spalle” (Papa Francesco, 27 aprile 2017).
I ANNO 2017-2018 – CUSTODIRE
Centocinquanta anni di storia sono un dono, un’eredità preziosa che chiede di essere custodita. Custodire è però qualcosa di più che limitarsi a togliere la polvere posatasi nel tempo o eseguire un maquillage estetico che ridoni lo splendore perduto ad una carrozzeria senza riattivarne il motore. Custodire significa piuttosto rinunciare alla logica della «semplice amministrazione» (Documento di Aparecida, 201) per abbracciare quella del dono senza riserve. Nel centocin-quantesimo dalla fondazione dell’associazione, custodire la memoria di questa storia significa discernere l’essenziale della nostra vocazione originaria ai fini di quella «conversione missionaria» invocata da Papa Francesco per ogni Chiesa particolare, a partire dalle parrocchie. La storia di questa fedeltà a Dio e all’uomo si fa presente oggi intessendo l’ordito della vita associativa con la trama di un’autentica comunione ecclesiale, nella consapevolezza che l’uno non possa mai fare a meno dell’altra. Ecco il sacrificio per la «casa comune», la condivisione – nello stile della vedova del vangelo di Mc 12,41-44 – della ricchezza dell’intergenerazionalità e della popolarità, quale esperienza bella dell’essere Chiesa sui passi del Maestro, prodotto di un autentico processo sinodale in cui tutti, anche i piccoli, sono coinvolti da protagonisti.
II ANNO 2018-2019 – GENERARE
Generare significa «apprendere la virtù dell’incontro» (Vittorio Bachelet), accogliere l’invito a primerear (prendere l’iniziativa), ad uscire fuori da sé per farsi prossimi, vivificati dalla Parola e dall’Eucaristia che continuamente ri-generano e rinnovano nell’amore. Per generare occorrerà allora anzitutto farsi «generatori di senso» (EG, 73) per gli uomini di questo tempo, accompagnarne i passaggi essenziali dell’esistenza curandone la vita spirituale. Generare è fare propria l’idea che la vita spirituale non esiste se disincarnata o “monocorde”, non esiste se affrancata da un gioioso impulso missionario, non esiste se è alienante rispetto alle esigenze dei fratelli. Vogliamo coltivare una vita spirituale che sia invece in grado di animare la passione verso l’impegno per il mondo, di generare relazioni nuove, di preferire gli orizzonti inclusivi ai confini limitanti. Generare è insomma fare proprio l’atteggiamento materno di chi non si limita a dare inizio alla vita ma compie il proprio mandato iniziando alla vita, ‘donando alla vita’: è dare avvio ad un processo di continua estroversione che spinge a superare la logica di Marta in Lc 10,40, a pensarci sempre in relazione alzando lo sguardo verso quanti condividono con noi l’attenzione alla promozione umana e al bene comune.
III ANNO 2019-2020 – ABITARE
Abitare oggi, significa fare proprio l’atteggiamento della comunità cristiana così come viene descritto nella lettera a Diogneto; è incarnare quella condizione apparentemente contraddittoria di piena cittadinanza e di totale estraneità alle logiche del mondo, una condizione che diventa in sé presenza missionaria solo se è capace di contagiare con il piacere e la bellezza di credere insieme. Ecco perché l’abitare richiede l’avvio di un processo di riforma dei linguaggi dell’annuncio e così pure di quelle strutture che del dinamismo dell’evangelizzazione sono responsabili: per essere una compagnia coinvolgente e mai esclusiva, attenta al contesto senza riduzionismi e semplificazioni, misericordiosa ma non inerte alla banalità del male, in grado di rendere credibile con la vita l’amore incredibile del Vangelo. Abitare richiede infine il superamento del dualismo tra centri (i luoghi deputati alla pastorale) e periferie, per un’Azione Cattolica che sappia costruire cultura nelle carceri, negli ospedali, nelle strade, nelle fabbriche, nei quartieri, in una permanente missione “corpo a corpo”
In compagnia della Parola
L’associazione, anche per il triennio 2017-2020, sostiene il cammino ordinario di formazione attraverso la lettura del Vangelo che accompagna l’anno liturgico. Per ogni anno, in particolare, propone un brano evangelico che orienta, in modo unitario, l’intera proposta formativa.
I anno “Tutto quanto aveva per vivere” (Cf. Mc 12, 38-44)
Nell’icona biblica che accompagna il cammino di questo primo anno del triennio, Gesù prende a modello una vedova, il cui cuore è abitato da una fede profonda e radicale in Dio. Questa donna al tempio non dà, come gli altri le molte monete che avevano, ma le due monetine; getta nel tesoro del tempio tutto quello che aveva per vivere, “tutta la sua vita”, si spoglia di ciò che le era necessario. È l’immagine dell’amore che sa rinunciare a ciò che è necessario, ed essere così una vera discepola di Gesù.
II anno “Di una cosa solo c’è bisogno” (Cf. Lc 10, 38-42)
La possibilità di generare non è immediatamente legata all’impegno affannato di Marta. Generiamo vite nuove, modi di vivere inediti ed affascinanti solo se siamo venuti in contatto, in un ascolto profondo ed obbediente, con la Parola di Colui che fa nuove tutte le cose. Maria ci aiuta ad aver cura della nostra vita interiore; Marta ci ricorda che il si-gillo di garanzia di una spiritualità non intimista sta nella capacità di accogliere e nella disponibilità al servizio. Betania diventa così immagine dei gruppi, delle associazioni, delle comunità che accolgono amichevolmente, ascoltano profondamente, servono generosamente.
III anno “Lo avete fatto a me” (Cf. Mt 25, 31-46)
“Raggiungete tutte le periferie e là siate Chiesa”: è il mandato che Papa Francesco ha affidato all’AC il 30 aprile 2017. È la misericordia che apre gli occhi ed il cuore per comprendere quali siano i luoghi e le condizioni di vita che attendono la “passione” missionaria di tutta l’associazione. Abitare le periferie diventa non solo l’atto volontaristico di chi, “una tantum”, vuole compiere un gesto di bontà. È la scelta di “prendere residenza” là dove il Signore si rende presente attraverso i bisogni dei poveri. È la sfida di un’AC – e di tutta la Chiesa – “in uscita”, che vuole aiutare i suoi aderenti a fare della misericordia lo stile delle relazioni, ecclesiali e sociali.
L’Azione Cattolica di Napoli Attenzioni, Scelte, Strumenti
A partire dal percorso assembleare che ogni livello associativo, dalla parrocchia alla diocesi, ha celebrato e vissuto come tempo di discernimento, di confronto e di maturazione di nuove scelte, l’Azione Cattolica di Napoli si impegna ad accogliere le nuove sfide, e a seminare in questo triennio, le attenzioni che ci vengono consegnate alla luce dell’Evangelii gaudium, perché esse non restino uno slogan, ma diventino stile e scelte di vita di ciascun laico chiamato ad incarnare la pienezza del Vangelo mettendosi a servizio del contesto sociale, ecclesiale, culturale di questo tempo, e soprattutto lasciandosi interpellare da esso. A noi Responsabili è dato il compito di “generare processi”, che vuol dire accompagnare e sostenere continuamente ciascuno nel suo cammino verso e dentro una vita di fede, capace di illuminare l’esistenza in tutte le sue stagioni, condizioni, ricchezze e difficoltà. E’ far crescere e maturare credenti e comunità capaci di generare vita evangelica, e perciò capaci di accompagnare altri nel percorso della vita. (dal Documento Assembleare 4.2.).
Quale AC a Napoli in questo triennio per generare processi Quale AC da custodire, generare, abitare.
1.Un’Azione Cattolica “sinodale”
Un’AC sinodale è un’AC di incontro e di dialogo, capace di costruire e coltivare “legami di vita buona” con tutti, sempre in uno stile propositivo e progettuale. Un’AC sinodale è un’AC che coltiva il dialogo e il confronto con le culture, nella volontà di spendersi nel dibattito culturale e darsi gli strumenti per poter dialogare sui temi cari alla vita delle persone e dei territori. Dialogo è impegno tenace e creativo per la costruzione di alleanze dentro e fuori la Chiesa, per poter costruire il bene comune promuovendo un tessuto di relazioni buone e di stima reciproca anche con chi è portatore di sensibilità differenti. Un’AC sinodale è un’AC che vuole continuare a scommettere sull’in-tergenerazionalità quale colonna portante della vita comunitaria, di proseguire a formarci a una relazione autentica con i pastori che muova da una sincera fraternità vissuta nella comune dignità, di coltivare le occasioni di esercizio della corresponsabilità, avendo cura in maniera particolare degli organismi che l’associazione si è data per questo: presidenze, consigli, assemblee da abitare come reali luoghi di discernimento. (dal Documento Assembleare 4.5 Sinodalità). In quest’ottica, diventa prioritaria la cura della parrocchia. È impegno ad abitare le parrocchie e prenderci cura dei processi di trasformazione in atto, aiutarle a reinterpretarsi in senso missionario secondo la prospettiva dell’EG. Cura della parrocchia significa continuare ad accompagnare e sostenere il servizio dei presidenti parrocchiali perché siano capaci di tradurre le proposte associative in attenzione e accompagnamento della vita delle persone; significa avere cura dei responsabili associativi perché essi sappiano generare processi e discernere scelte che partano davvero dall’ascolto della vita. Cura della parrocchia vuol dire vivere i consigli parrocchiali non come “incontri organizzativi” ma come luoghi di fraternità, relazioni autentiche, confronto e discernimento; significa valorizzare la dimensione intergenerazionale delle associazioni e crescere nella unitarietà.
2. Un’Azione Cattolica laicale “spirituale”
La cura della vita del laico resta la nostra attenzione più forte. Una cura che passa attraverso il sostegno della sua vita spirituale e la ricerca degli strumenti per accompagnarla. Una cura che passa attraverso l’impegno sempre più consapevole e creativo di formare laici appassionati, laici che pregano e lavorano, laici contemplativi e resi coraggiosi dalla forza dello Spirito, capaci di vivere nel mondo, dentro le sfide di questo tempo, e capaci di essere Chiesa accogliente. «Custodire l’interiorità è esercizio necessario per giungere ad una piena umanità» (Progetto formativo, 4.2). Importante diventa allora la scelta di favorire tempi e luoghi che possano accompagnare piccoli, giovani e adulti all’incontro con la Parola, a vivere e gustare la dimensione dell’ascolto, del silenzio e della preghiera. Diversi e tanti sono gli strumenti che l’Azione Cattolica propone per la cura della vita spirituale, a partire dai testi di accompagnamento, in particolare nei tempi di Avvento e Quaresima, fino all’esperienza di Casa San Girolamo a Spello, polmone spirituale dell’AC, segnato dalla testimonianza di Carlo Carretto, dove ciascuno, da solo o a piccoli gruppi, possa fermarsi per qualche giorno davanti al Signore, e verificare, in un clima di silenzio e fraternità spirituale, la propria vocazione laicale. Certi della necessità di una cura spirituale e dell’accompagnamento ad un discernimento vocazionale, tema al centro del prossimo Sinodo dei Giovani che si terrà in ottobre 2018, come AC di Napoli vogliamo valorizzare un altro polmone, un’altra casa, quella di Casalvelino, che, in questo tempo di memoria del centocinquantesimo assume un valore storico e simbolico inestimabile perché legata ad un assistente diocesano, sacerdote testimone della nostra Chiesa locale, don Giacomo Nardi. Ci auguriamo che questo luogo tanto caro a don Giacomo e da lui coltivato, possa diventare la casa dove ragazzi, giovani, adulti e famiglie, possano vivere la gioia della preghiera e della fraternità, possano scoprire la bellezza della proposta degli esercizi spirituali.
3. Un’Azione Cattolica “profetica”
La Chiesa di Papa Francesco è una chiesa profetica, cioè realizzata da chi intercetta il pensiero di Dio e si lascia interpellare dai segni dei tempi. Abitare la storia da cristiani significa essere disponibili alla conversione continua, a purificarsi da strutture mondane, per essere liberi di vivere la forza provvidenziale e profetica del Vangelo. Anche l’Azione Cattolica vuole rimanere fedele a questo tempo ed esserne all’altezza, preoccupandosi di suscitare e ascoltare le domande piuttosto che di fornire risposte, continuando a proporre percorsi e strumenti di autoformazione e di formazione di gruppi per ogni fascia d’età, che accompagnino a diventare adulti nella fede, e avendo cura della formazione delle figure educative, perché maturi sempre più la consapevolezza che quella di educare è una vocazione che non si improvvisa ma si coltiva nel tempo. Una formazione pensata, che mantenga il passo dei mutamenti dei tempi, e che aiuti, nella forma laboratoriale e con i necessari strumenti, ad abitarne i luoghi e a comprenderne i linguaggi. Una formazione che approfondisca i contenuti della fede perché gli educatori catechisti possano accompagnare piccoli e grandi alla scoperta della storia della salvezza, al primo annuncio, e insieme farne esperienza di vita. In quest’ottica, desideriamo mettere questo patrimonio formativo a servizio della nostra diocesi, in particolare della Catechesi e del P.U.F. (Progetto Unitario di Formazione dei laici ai servizi ecclesiali e ai ministeri istituiti).
4. Un’Azione Cattolica “popolare”
Un’AC popolare è un’AC che vuole essere “con tutti e per tutti”, un’AC che vuole parlare il linguaggio del popolo perché a tutti sia comprensibile la Parola del Vangelo. Da qui un’attenzione particolare sarà dedicata alla forza evangelizzatrice della pietà popolare, quella spiritualità incarnata nella cultura dei semplici. Accogliendo l’invito del papa, vogliamo allora valorizzarla, incoraggiarla, rafforzarla, mantenendo fede al nostro pellegrinaggio mariano a Pompei, perché lo stesso non resti un evento chiuso a pochi, ma sia un ulteriore modo con cui l’AC insieme a tutta la chiesa diocesana, si faccia strumento di evangelizzazione per tutti. Popolarità è poi anche il saper costruire alleanze con enti e istituzioni fuori dal mondo ecclesiale ma connesse alla nostra missione (scuola, associazioni) e alle tematiche a noi care: lavoro, ambiente etc. Popolarità infine è accogliere la sfida di sapersi raccontare e, suscitando curiosità e interesse, anche di promuoversi. Vogliamo comunicare la bellezza dell’essere associazione nella nostra diocesi, in ogni decanato, in ogni parrocchia, coltivando la cura delle relazioni e l’amicizia con i nostri sacerdoti, con i nostri seminaristi, condividendo con loro la ricchezza della vita associativa, e avendo particolare cura delle nuove parrocchie. Vogliamo raccontare che l’AC è un’esperienza di vita bella e di ampio respiro ecclesiale.
5. Un’Azione Cattolica “missionaria”
La dimensione profonda del nostro legame associativo è l’apostolato, generato dalla fede. Un’AC missionaria è un’AC capace di abitare il quotidiano e di viverne le sue gioie e fatiche. Un’AC missionaria è un’AC che sta dentro la vita, capace di parlare alla vita con la vita. In questa scelta vogliamo quindi confermare il nostro impegno educativo a servizio della Chiesa, nell’accompagnare ragazzi, giovani e adulti nel loro percorso di vita. Un’AC missionaria è quindi un’AC a servizio dell’Iniziazione Cristiana che si fa compagna di cammino della crescita dei piccoli, abbracciandone la dimensione umana e cristiana, avendo cura di tutti i passaggi della vita, e rispettandone la gradualità dei tempi. Un’AC missionaria è un’AC che mette al centro la famiglia, rendendola protagonista dei percorsi educativi, e facendosi prossima alle fragilità che la connotano ed alle potenzialità che la rappresentano. Un’AC missionaria è un’AC che, nel seguire anche il passo del nostro Pastore nella nostra diocesi , si fa strumento di misericordia e speranza, e mette al centro gli ultimi: i poveri, i malati, i detenuti, gli immigrati, andando loro incontro con le opere di misericordia. In quest’ottica, continuiamo a promuovere e a sostenere il Progetto Carcere, perché da quella fragilità umana possano sempre più sgorgare segni di bene e nuova vita. Allo stesso tempo proviamo a cercare e seminare anche nuove strade di carità nei singoli territori. Un’AC missionaria è un’AC di laici che si mettono in gioco, abitando i luoghi del lavoro, della politica, e contaminandoli dello spirito del Vangelo. In quest’ottica, diventa necessario non trascurare nei nostri i cammini formativi parrocchiali ordinari, i temi della Dottrina Sociale della Chiesa, perché non risultino appannaggio di pochi o “esperti”, ma diventino linguaggio comune di ogni battezzato, chiamato a rispondere alla vita politica come partecipazione attiva alle sorti della propria città.
6. Un’Azione Cattolica “radicata”
La nostra storia è tesoro a cui attingere per rinnovarci. Come agli inizi, 150 anni fa, desideriamo essere laici secondo il modo proprio dell’Ac, che si associano per vivere la fede e per edificare la Chiesa, correspons-abili con i presbiteri. La fedeltà alla storia è capacità di rimanere fedeli all’essenziale nei mutamenti del tempo. Esercizio che esige una interpretazione creativa della nostra vocazione originaria, cioè del nostro modo di essere a servizio della missione della Chiesa nel mondo e per il mondo. È questo ciò a cui è proteso tutto il nostro progetto formativo sintetizzabile con l’espressione evangelica “nel mondo, non del mondo” (Gv, 17,14), accompagnare, cioè, i laici verso una piena maturità e, attraverso la propria umanità, educare ad una presenza profetica nella storia e nel mondo. L’essenziale da custodire, generare e abitare, non può che essere, allora, il proprio Battesimo, i cui frutti devono essere condivisi con generosità e speranza, nell’orizzonte di una storia già abitata da Dio, per essere fermento di “trasformazione missionaria della Chiesa”, in questa Chiesa che amiamo, in questa chiesa di Napoli. Orgogliosi e fedeli ad una storia associativa che ha fatto la storia del nostro Paese, vogliamo quindi valorizzare in questo tempo la storia associativa della nostra diocesi, cogliendone tutta la sua ricchezza perché possa essere dono per la nostra Napoli. E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva:
«Ecco la tenda di Dio con gli uomini!
Egli abiterà con loro
ed essi saranno suoi popoli
ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio.
E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi
e non vi sarà più la morte
né lutto né lamento né affanno,
perché le cose di prima sono passate».
E Colui che sedeva sul trono disse:
«Ecco, io faccio nuove tutte le cose».
E soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e vere».
E mi disse: «Ecco, sono compiute!» (Apocalisse 21, 1-6)